Andrea Mantegna Adorazione Magi

Andrea Mantegna
Adorazione dei Magi (1497-1500)
J. Paul Getty Museum – Los Angeles

Auguri di Santo Natale 2021

Care Amiche, Cari Amici,

in prossimità del Santo Natale desideriamo condividere con Voi gli Auguri e lo facciamo prendendo lo spunto da una riflessione che il nostro Parroco ha proposto nella Omelia della Seconda Domenica di Avvento.

La citazione è riferita al riconoscimento di Ulisse rientrato a Itaca.
Dopo vent’anni, dieci di guerra a Troia, dieci di peregrinazioni, in cui il riferimento alla Patria e alla Famiglia è sempre stato presente, finalmente si concretizza il desiderio di tornare, desiderio che non ha conosciuto ostacolo che non potesse essere superato.
Nonostante ciò, Ulisse non ha rinunciato al confronto che è stimolo alla conoscenza.
La sete di sapere, la curiosità, l’andare oltre lo scontato e oltre la mediocrità, l’hanno spinto a misurarsi con imprese apparentemente non superabili che hanno allungato il tempo della lontananza dagli affetti familiari. Anche per questo, per non essersi accontentato, non essersi adagiato, l’uomo che ritorna a Itaca è un uomo maturo per il tempo passato, ma anche nuovo per l’esperienza e la saggezza maturate.
Al rientro a Itaca due incontri fondamentali sono spunto di riflessione e di certezza affettiva.

Il cane fedele Argo riconosce Ulisse travestito da mendicante, lo aspettava, sapeva che sarebbe tornato.

e un cane, sdraiato là, rizzò muso e orecchie, Argo, il cane del costante (perseverante) Odisseo,
che un giorno lo nutri di sua mano prima che per Ilio sacra partisse,
mosse la coda, abbassò le due orecchie, ma non poté correre incontro al padrone.
E il padrone, voltandosi, si terse una lacrima.

Eumeo, rispondendo a Ulisse (che non ha riconosciuto), parla di Argo
«Purtroppo è il cane d’un uomo morto lontano.
Se per bellezza e vigore fosse rimasto come partendo per Troia lo lasciava Odisseo, t’incanteresti a vederne la snellezza e la forza.»
E Argo il Destino di nera morte afferrò appena rivisto Odisseo, dopo vent’anni.

Odissea Libro XVII

Ulisse ritorna dopo vent’anni e Argo riconosce la sua voce, abbassa le orecchie in segno di fedeltà, non ha bisogno di altro, non può neppure muoversi per gli anni, non ha bisogno di abbaiare.
Argo è segno di fedeltà e di felicità perchè quello che per vent’anni aveva sperato e atteso ora è realtà.

Riconoscere non è un percorso progressivo in cui elementi si svelano e si compendiano, è immediato, è manifestazione di sentimenti profondi di affetto. La memoria del passato è strumento di certezza del presente, dell’attimo che dà gioia, che dà motivo e ricompensa all’attesa. L’incontro si concretizza nella intensità affettiva, nella immediatezza, nella certezza che non fa trasparire dubbio.
Il verbo usato da Omero νοέω esprime immediatezza tra vedere e conoscere, senza successione temporale.

È straordinario l’affetto e la fedeltà dell’incontro.
È l’incontro fra il cane più bello di Itaca e la persona che ama ricambiato, il re di Itaca.
Si incontrano e si comprendono perché si amano.

Una seconda persona riconosce Ulisse.
La nutrice fedele, Omero la definisce prudente Euriclea, riconosce Ulisse nel lavarlo. Lo riconosce dalla cicatrice lasciatagli dalla zanna candida di un cinghiale, reminiscenza delle prove che segnano il passaggio dall’adolescenza alla virilità.

Lei, dunque, lavava il suo re, standogli accanto: e davvero la cicatrice conobbe,
che gli fece un cinghiale con la candida zanna quando al Parnaso sali, con Autòlico e i figli.
Ora la vecchia, toccando la cicatrice con le due mani aperte, la riconobbe palpandola, e lasciò andare il piede.
Carezzandogli il mento, disse a Odisseo:
«Oh si, Odisseo tu sei, cara creatura!
E non ti ho conosciuto
prima d’averlo tutto palpato il mio re!
»

Odissea Libro XIX

La nutrice riconosce da un segno concreto e nell’istante la memoria si fa strumento di incontro, di conoscenza, di consapevolezza, di condivisione di affetto, di speranza realizzata.


L’augurio che desideriamo rivolgere è di essere grati a tutte le Persone che ci hanno riconosciuti, nel silenzio, per tutte le volte che siamo stati riconosciuti concretamente per quello che siamo, nei pregi, nelle mancanze e contraddizioni. Nell’essere riconosciuti siamo amati proprio per quello che siamo, nella nostra realtà e concretezza.

L’Augurio è anche di essere noi disponibili a riconoscere, che significa ascoltare in silenzio, come direbbe Papa Francesco, nella delicatezza, nell’affetto, senza giudicare, disponibili all’incontro, a uscire da noi stessi per accogliere, sapendo che accogliendo possiamo conoscere e trovare la risposta alla nostra aspettativa fiduciosa di completezza, serenità e gioia.

«Esulterà di gioia per te,
ti rinnoverà con il suo amore,
si rallegrerà per te con grida di gioia»

Sofonia 3, 17

Buon Natale di gioia e Buon Anno sereno

Rita e Gian Paolo